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sabato 31 ottobre 2015

Leopardi e l'autobiografia mai scritta. Intervista a Raffaele Urraro.



di  A. Lalomia

1.  Com’è nata l’idea del libro ?

Durante le ricerche condotte per l’altro mio libro leopardiano (Giacomo  Leopardi: le donne, gli amori) rimasi fortemente colpito da due fattori: la volontà di Giacomo di scrivere un “romanzo autobiografico”, e l’enormità delle sofferenze e delle pene che dovette affrontare lungo quasi tutta la sua vita. Parlo di sofferenze e pene di ordine fisico, ma anche esistenziali, economiche, culturali, editoriali, relazionali. Alla fine della stesura di quel libro, già pensavo a questa nuova ricerca.


2. Quali sono le fonti che ha consultato e in quanto tempo ha composto l’opera ?  È entrato in contatto con i discendenti di Giacomo e con qualche altro suo studioso ?

Le fonti consultate, oltre alle opere del Leopardi, si possono desumere dalla bibliografia posta alla fine del libro. Ovviamente ho visitato le varie biblioteche, mi sono fatto inviare copie di testi presenti in biblioteche lontane, e, soprattutto, sono stato in continuo collegamento con il CNSL (Centro Nazionale Studi Leopardiani) di Recanati. L’opera l’ho composta in 7 anni, dal 2008 al 2015. Non ho preso contatti con i discendenti leopardiani. Ma posso dire che, dopo il primo libro, ricevetti una calorosa telefonata, inattesa e graditissima, della Contessa Anna, poi venuta a mancare, che elogiava il mio lavoro. Ancora: la Casa Editrice fece pervenire al Conte Vanni Leopardi, che ne aveva fatto richiesta a me tramite un comune amico, una copia di quel libro. A questo si limitano i rapporti con la famiglia  Leopardi. Quanto ai rapporti con gli altri studiosi, posso dire che ne conosco non pochi, tuttavia non ho preso contatti con loro, ma solo con le loro opere.






3. Ha seguito un modello particolare ?  E inoltre: a quale tipologia di lettore si rivolge il testo ? 

Non ho seguito alcun modello particolare. Ho solo cercato, come feci anche per l’altro mio libro, di seguire un ordine rigorosamente cronologico scandito in più tappe, quelle segnate dalle città nelle quali Giacomo di volta in volta si portava. Questo per una chiarezza essenzialmente strutturale. Quanto alla tipologia di lettore, non sarei capace di scrivere per un destinatario preselezionato. Scrivo e basta. Probabilmente questo mio atteggiamento è determinato anche dal fatto che pratico anche la scrittura poetica che, per quanto mi riguarda, preclude al poeta la possibilità di scelta del destinatario, cosa, del resto, che ritengo assurda e impraticabile.


4.  Qual è la chiave di lettura più corretta del suo libro ? 

L’intento mio è stato non solo quello di aiutare a conoscere meglio la persona e la personalità del Leopardi, ma anche quello di dimostrare essenzialmente come egli abbia raggiunto le vette della poesia e sia uno dei maggiori filosofi europei anche se esse, poesia e filosofia, venivano coltivate in un corpo macerato e tormentato da malattie, sofferenze e disagi di ogni genere.


5. Chi ha scelto il titolo e il prezzo ?  E inoltre: è prevista la versione e-book  (auspicabile, visto il prezzo di quella cartacea)  ?

Il titolo l’ho scelto io, nel senso che l’ho proposto alla Casa Editrice che non ha avuto alcun motivo per cambiarlo. Il prezzo, ovviamente, è stato stabilito dall’Editore. La versione e-book al momento non è prevista, ma non escludo che prima o poi possa essere presa in considerazione dall’Editore.


6. A parte La fabbrica della parola, questo è il secondo volume che lei dedica interamente a Leopardi. Ha in mente un progetto globale che vede al centro il Recanatese ?  E inoltre: esiste un motivo specifico (per lei) che la porta a riservare a Giacomo tanto impegno ?

Ho condotto, parallelamente alla ricerca di cui stiamo discutendo, anche una raccolta di Pensieri di varia filosofia, cioè di “motti, facezie varie ec. ec.”, indicati direttamente da Giacomo nell’ Indice del mio Zibaldone di pensieri. Tale raccolta, già pronta ma suscettibile di ulteriori revisioni, sarà pronta tra qualche anno. Ora continuo a studiare  Leopardi. Alcuni articoli sono a disposizione dei lettori sul mio blog, urraroblog.wordpress.com. Ma sto pensando di dedicarmi allo studio specifico della poesia del Recanatese che considero altissima per molteplici motivi. Quanto al tempo che dedico al poeta, che è davvero moltissimo, posso dire che dalla quinta elementare mi porto appresso un grandissimo amore per  Leopardi, prima per la sua poesia, e poi, dagli anni del Liceo in poi, anche per la sua filosofia. Poesia e filosofia che non ho mai smesso di approfondire. È amore, empatia, condivisione di posizioni filosofiche. Un po’ di tutto questo. E non potrebbe essere altrimenti.


7.  Quali elementi di novità ritiene di aver introdotto nello studio e nella valorizzazione di Leopardi?
In tutti e due i miei libri, come ho già detto, ho sempre avuto come obiettivo fondamentale quello di far conoscere meglio la persona del Leopardi perché ho sempre pensato che la conoscenza dell’uomo aiuta a conoscere meglio il poeta e il filosofo, anche se non tutti sono d’accordo su questo. E comunque il primo libro ha fatto conoscere l’universo femminile leopardiano facendo un po’ di chiarezza laddove regnava una certa confusione e reperendo e pubblicando alcuni documenti importanti sconosciuti o poco noti; il secondo mi auguro che faccia conoscere meglio le malattie, le sofferenze, le pene e i disagi che tempestarono la vita del poeta. L’uno e l’altro, come ho detto prima, tendono a favorire la conoscenza del Leopardi. C’è anche da dire che la favorevole accoglienza riservata al primo libro, anche presso gli studiosi, mi ha incoraggiato a procedere nella seconda ricerca, segno che l’obiettivo che mi sono prefisso è senz’altro condivisibile.


8. Tra le presentazioni del libro, qual è stata quella che ritiene più riuscita, in particolare sotto il profilo delle domande da parte del pubblico ?

Fino a questo momento il libro è stato presentato solo in due località, e in entrambe si è avuta un’ottima partecipazione di pubblico. Ma sono previste, tra settembre e ottobre, molte presentazioni di cui, di volta in volta, sarà data comunicazione sul web. Il Leopardi, anche per la sua notorietà, suscita interrogativi e spinge a porre domande su tutti gli aspetti della sua vita. I giovani chiedono per lo più notizie sulla sessualità del poeta, ma non mancano domande sulla sua filosofia.


9.  Sono previste presentazioni nelle scuole ?

Sì, sono previste già molte presentazioni nelle scuole italiane. Alcune, già programmate, sono state rinviate all’autunno perché il libro è uscito quasi alla fine dell’anno scolastico quando dirigenti, docenti e studenti erano impegnati in tutt’altre faccende. 


10.  Il romanzo autobiografico  (spesso pensato e mai realizzato da Leopardi) comprende una serie di appunti, oltreché di note e di abbozzi sparsi nell’infinito repertorio dello Zibaldone, delle lettere, dei pensieri e anche, sia pure in tono minore, di qualcuna delle opere più famose. Tra queste ultime, la più rappresentativa è forse i  Detti memorabili di Filippo Ottonieri, una delle “Operette Morali”  sicuramente più autobiografiche di Leopardi. Ma ulteriori esempi si potrebbero trovare nel Dialogo di Tristano e di un suo amico e in altri testi. Che cosa  ha impedito a Leopardi di scrivere un’opera a lungo pensata, con la quale forse avrebbe potuto liberarsi dall’ansia di vivere ?                       

È tutto vero quello che Lei afferma circa i testi da cui si potrebbero desumere notizie importanti ai fini della conoscenza del Leopardi. Quanto al “romanzo autobiografico” pensato, progettato e mai scritto, ciò fu dovuto alle tante malattie e sofferenze che impedivano a Giacomo di portare a buon fine i tanti programmati lavori. Il tempo durante il quale egli fu davvero libero di leggere e di scrivere senza impedimenti fu davvero poco. Oltretutto c’è anche da pensare che egli morì a soli 39 anni. In effetti io ho condotto un lavoro teso a storicizzare le cose da lui dette, a chiarire tante situazioni, a spiegare le tante patologie, a ricercare analisi di medici a noi contemporanei e ad individuare le possibili terapie che essi affermano potevano essere salutari ma che ai suoi tempi erano del tutto sconosciute.


11. Il protagonista dei Detti memorabili… è l’autoritratto  di Giacomo, o meglio, ciò che Giacomo avrebbe voluto essere, se soltanto fosse riuscito a superare la barriera di incomunicabilità che gli impediva di relazionarsi in modo più sereno con gli altri. Pensieri come “Non credeva che si potesse né contare tutte le miserie degli uomini, né deplorarne una sola bastantemente.  A quella questione di Orazio, come avvenga che nessuno è contento del proprio stato, rispondeva: la cagione è, che nessuno stato è felice.”, possono senz’altro essere presi come esempi caratteristici, anche se non esclusivi, del pensiero di Leopardi. Le mie sono riflessioni estemporanee o contengono un minimo  di verità ?

No, sono affermazioni del tutto condivisibili. Quanto ai Detti memorabili di Filippo Ottonieri, a conferma della validità di quanto da Lei affermato, si tenga presente che l’operetta è infarcita di “detti” e “annotazioncelle” che ricalcano in modo evidente passi dello Zibaldone scritti in precedenza. Nei Pensieri di varia filosofia, di cui ho detto prima, riporto pure un’affermazione di Rolando Damiani il quale scrive: «Costruito con aforismi talora desunti quasi letteralmente dallo Zibaldone, Filippo Ottonieri è, piuttosto che un ritratto autobiografico, come spesso si è detto, il fenotipo generato dall’azione combinata della visione leopardiana del mondo e dello stato di civiltà» (R. Damiani, Giacomo  Leopardi: Poesie e prose, Mondadori, Milano 1988, vol. II, p. 1327).


12.  Sulla psicologia di Leopardi, sulla sua introversione, sulle sue difficoltà a relazionarsi con gli altri  (malgrado gli aneliti di apertura al mondo che ricorda più volte), sul suo 'vittimismo', si è scritto molto. D’altra parte, a volte si ha l’impressione che Leopardi  (forse inconsciamente)  si avvolga nel mantello plumbeo del ‘male di vivere’, quasi a farsene uno scudo contro il mondo. La solitudine, il non espresso verbalmente (ma confessato a pagine su  pagine riempite con una grafia nervosa), costituiscono forse l’unico modo con cui egli ritiene di potersi difendere da una società che non lo comprende  (a parte pochi sodali). Posso chiedere il suo parere al riguardo ?


Io ritengo che  Leopardi non si sia volutamente chiuso nel vittimismo, soprattutto perché il “male di vivere” era in lui un fatto reale, e non ideologico, che limitava sostanzialmente sia la sua attività intellettuale che le sue possibilità relazionali. Vero è che una forte dialettica venne a stabilirsi tra lui e la società, soprattutto quella intellettuale, ma non per questo egli si chiudeva in sé, anzi mostrava spesso un animo battagliero e polemico. E questa dialettica non lo portò mai a chiudersi in un isolamento scontroso e difensivo. La sua solitudine era determinata dalle condizioni di vita, dalle malattie, dalle difficoltà economiche, dalle delusioni che lo aggredivano quando tentava di stabilire relazioni con gli altri, oppure relazioni sentimentali effettive, e non da una sua libera scelta.


13.  Esistono precise testimonianza che ci presentano un Leopardi fanciullo e adolescente pieno di vivacità, di gioia di vivere, di carica vitale, tutt’altro che imbelle, perdente o rinunciatario, ma anzi, piuttosto impositivo, imperioso, tendente a guidare, piuttosto che a seguire. Insomma, una specie di leader, di capo. Non crede che qualcosa di questo antico carattere gli sia rimasto per tutta la vita, in particolare il rifiuto di farsi trascinare, l’accettazione di un ruolo di subordinazione che ne avrebbe mortificato lo spirito e l’intelligenza ? Non crede che, al di là della sua modestia, Leopardi si considerasse una specie di profeta, di guida spirituale dell’umanità ?  Tale, in definitiva,  il messaggio della Ginestra (preceduto in verità da altre specifiche osservazioni).

Sì, sono sostanzialmente d’accordo. Anche dal mio libro emerge qua e là la tendenza del Leopardi a non “farsi trascinare”, come dice Lei. Si pensi, tanto per fare qualche esempio, al suo rifiuto ripetuto e categorico a portarsi a vivere presso i Tommasini, ai disagi che provava a Roma a casa dello zio e al suo desiderio, non esaudito dalla famiglia, di poter vivere da solo nella capitale, oppure alle insistenze dello zio Carlo Antici che avrebbe voluto che Giacomo si dedicasse a studi ed opere di carattere prettamente religioso per poterne trarre qualche vantaggio. Ma altri esempi si potrebbero portare a conferma non tanto del rifiuto di subordinazione, quanto del suo spirito di indipendenza, di autonomia vera, quindi di libertà. Quanto al fatto che  Leopardi si sentisse una sorta di profeta, una cosa è certa: le Operette chiamate morali, lo Zibaldone pieno di analisi e di suggerimenti, le “dissertazioni filosofiche”, la Lettera che avrebbe voluto inviare a un giovane del XX secolo, i Pensieri, sono tutti scritti pervasi da una volontà di fondo, quella di parlare agli altri. E se poi pensiamo ai messaggi contenuti nelle opere napoletane, in modo particolare nella Ginestra, possiamo senz’altro affermare che  Leopardi era un intellettuale aperto al mondo e agli uomini cui si sentiva fortemente affratellato dallo stesso destino e ai quali non si è mai stancato di parlare, apertamente, il linguaggio della verità. Che sia stato, quindi, un apostolo della verità, è certo; che si sia sentito “una specie di profeta”, non lo credo, soprattutto considerando il fatto che sapeva e sentiva che le sue parole, in quel periodo, a Firenze come a Napoli, cozzavano contro il muro della supponenza e del rifiuto. Ma forse si può affermare che può darsi che fosse, più che fosse convinto, di essere un profeta, soprattutto tenendo conto dell’acutezza e della profondità dei suoi messaggi.


14.  Il rapporto Monaldo-Giacomo è senza dubbio una delle chiavi di interpretazione più realistiche della vita e del carattere del secondo. Un rapporto di amore-odio da parte del figlio, malgrado gli indubbi benefici che questi ha ricevuto dal padre. Basti pensare alla biblioteca e alla possibilità  (almeno teorica)  di avere in casa un interlocutore, il padre, il quale, al di là delle posizioni politiche su cui si potrebbe discutere, era dotato di una cultura non indifferente  (quantomeno per quei tempi)       e a ben vedere nei confronti dei figli era più aperto di quanto in genere non si creda. Per dire: Monaldo -un fatto tutt’altro che comune per quei tempi-  ha voluto che anche Paolina ricevesse la stessa istruzione dei fratelli e che anche lei potesse leggere i libri proibiti per i quali aveva chiesto a Roma la regolare autorizzazione. Monaldo       –una decisione ancora più rara, allora- aveva deciso che la sua biblioteca fosse aperta al pubblico.  Il figlio non vede l’ora di fuggire dal padre e da Recanati, ma dopo la delusione di Roma, ritorna all’ovile, accolto dal padre. Anche dopo, quando si allontanerà più volte da Recanati, il padre non gli farà mai mancare un piccolo sostegno finanziario, spinto forse dal rimorso di aver imposto a Giacomo  (e a Carlo) di indossare la tonaca. Non crede che con Monaldo la critica sia stata a volte un po’ troppo severa ?  Con quale spirito lei  si è accostato a questa figura ?

 Monaldo Leopardi
Sul fatto che Monaldo, a modo suo, amò i suoi figli, e soprattutto Giacomo, che gli appariva come un vero gioiello da coltivare con cura, non vi sono dubbi. Ripeto: a modo suo. E perciò, nonostante tutto ciò che fece per il figlio, mai fu apprezzato da lui in modo incondizionato, soprattutto perché Monaldo non gli garantì da subito la libertà di spostamento cui egli anelava, e non riuscì mai – anche se probabilmente l’avrebbe voluto – a garantire al figlio quell’indipendenza economica che gli avrebbe dato la possibilità di vivere una vita diversa da quella, miserabile, cui fu costretto per molti anni. Ma probabilmente la colpa più grave di Monaldo, come gli rimprovera Giacomo, fu quella di non aver capito che cosa si agitasse nell’animo del figlio. Ora, che la critica sia stata un po’ troppo severa con Monaldo, è vero. Per parte mia mi son fatta l’idea che spesso egli sbagliava per troppo amore e per le idee conservatrici e arretrate che coltivava con puntiglio. Basti pensare ai suoi Dialoghetti e alle prese di posizione polemica di Giacomo. Ma, se vogliamo solo considerare i rapporti tra Monaldo e Giacomo, allora dobbiamo dire che davvero la critica è stata un po’ troppo severa con il padre. Certo, errori ne commise, ma non tanti e non così gravi da considerarlo colpevole dell’infelicità del figlio che aveva altre radici e uno spessore culturale e filosofico molto profondo. Nel mio lavoro ho cercato di dare un quadro complessivo delle ragioni e dei torti del padre, e, se me lo consente, anche della madre.


15. Naturalmente, la madre, 'la grande assente'  dall'opera leopardiana.  Diverso, invece, il rapporto con Paolina e con Carlo. Paolina rappresenta il suo alter ego, la persona che forse riesce a capirlo meglio e alla quale egli confida, sia pure in parte idealizzandoli, i suoi pensieri e le sue esperienze di vita quando si allontanerà da Recanati. Con Carlo il rapporto è ancora più sincero, ma l' epilogo è ben diverso. Che posto occupano nel suo libro queste figure ? E inoltre: ritiene che entrambe siano state adeguatamente studiate dalla critica ?

Per quanto riguarda Paolina, mi permetto di rinviare al mio primo libro leopardiano dove, come ho detto, tratto specificamente dell’universo femminile leopardiano. In quel libro all’amatissima sorella di Giacomo ho dedicato le pagine 31-61. In questo, invece, ho dedicato a Carlo molte pagine e molte riflessioni sia sulla sua personalità, sia sui suoi rapporti con Giacomo e sui motivi che ne provocarono la rottura. Si può dire che fino al 1828 Giacomo considerava il fratello davvero come un alter ego. Basti sfogliare le lettere che si scambiarono. In esse trovavano posto gli sfoghi più intimi, le cose più personali e inconfessabili agli altri, le confessioni a cuore aperto, il tutto condito da un linguaggio libero, franco, schietto, addirittura impensabile per un poeta come Giacomo. Dunque fino al 1828 il loro rapporto fu leale, sincero, aperto, fraterno  nel senso più vero e intimo della parola. Poi si arrivò al silenzio totale che caratterizzò il periodo successivo al matrimonio di Carlo con la cugina Paolina Mazzagalli che comportò la rottura dei rapporti tra la famiglia Leopardi, avversa a quel matrimonio, e lo stesso Carlo, il quale abbandonò per sempre la sua casa. Sui motivi della rottura dei rapporti tra Giacomo e il fratello, che provocò dolore e angoscia in entrambi, mi permetto di rinviare alle pagine 221-225 del mio libro.



16.  Di tutte le figure che gravitano attorno a Giacomo, qual è quella che le sembrava più difficile da rappresentare ?  E qual è, a suo giudizio, quella che meriterebbe una maggiore attenzione  da parte della critica ?



È indubitabile che la figura più complessa, e che davvero meriterebbe, come dire?, un ulteriore supplemento d’indagine, è quella rappresentata da Antonio Ranieri. Non perché la sua personalità fosse difficile da decifrare, ma per due motivi fondamentali. Il primo è dato dalle sue tante bugie, menzogne, falsificazioni a proposito della vita e, soprattutto, della morte di Giacomo, cose che sono state ampiamente documentate e che lo hanno reso inviso a tutti gli studiosi e a tutti gli amanti di Leopardi. Il secondo motivo riguarda la sua figura di scrittore che ritengo vada più opportunamente, adeguatamente e liberamente, cioè con la mente libera da ogni pregiudizio, studiata e valutata.



17.  Leopardi e il lessico. Vogliamo dire qualcosa sulla continua tensione leopardiana alla ricerca della parola pienamente corrispondente al pensiero, calibrata sui moti dell’animo, alla perenne verifica etimologica dei termini ?  Una precisione spinta fino all’acribia, che d’altra parte fa capire quanto severo fosse Giacomo nella sua attività letteraria, concepita quasi come un sacerdozio laico.

Ha già detto tutto Lei. Posso aggiungere che Leopardi ha dedicato allo studio e al culto della parola moltissime pagine dello Zibaldone. Nel libro che Lei ha ricordato, La fabbrica della parola, ho dedicato molte pagine all’argomento. Cito solo alcuni degli argomenti trattati, per dimostrare l’impegno leopardiano negli studi sulla parola: il rapporto tra pensiero e parola, il rapporto tra idea e parola, il rapporto tra le parole e le cose, la differenza tra termini e parole, le parole della poesia e le parole della prosa, la metafora, le circonlocuzioni, ecc. Questo per dire dell’impegno del nostro poeta sulla tematica della parola, senza contare le sue tantissime pagine di ordine filologico che andrebbero studiate con più cura. Ecco un esempio della sua cura della parola: si leggano nello Zibaldone le diverse versioni del concetto di “infinito” prima che il Leopardi arrivasse alla forma poetica dell’idillio nel quale, con le stesse parole usate nelle prose dello Zibaldone, costruisce un vero e proprio gioiello della poesia mondiale in cui l’armonia della parola poetica nasce, non solo dalle singole parole usate, ma anche dalla struttura complessiva che il poeta riesce a creare e da quella che Lei, giustamente, chiama “parola calibrata sui moti dell’animo”.  Si noti, ad esempio: il mutamento di “infiniti” in “interminati” per creare la rispondenza allitterante con “spazi” (a-i > a-i); la presenza dei gerundi (“sedendo e mirando”) che creano, con le dentali sonore una fonicità dolcissima; la scelta definitiva di “immensità” al posto di “infinità”, ecc. Sacerdozio laico? L’espressione, a dire il vero, mi piace molto.


18. Leopardi e Napoli, un rapporto non sempre sereno. Al di là del garbo che lo contraddistingueva, delle sue nobili intenzioni e dell’ansia di vivere come gli altri, non c’è dubbio che Leopardi fosse una figura piuttosto difficile da avvicinare, poco disposto com’era ad amicizie occasionali, a chiacchiere da caffè.  Personalità riservata e molto selettiva, il suo spirito, forse, non era pienamente compatibile con una coralità un po’ invadente, con un certo folclore debordante, con la travolgente allegria partenopea, di cui, comunque, talvolta sembra subire il fascino.  La folla napoletana, come è stato scritto “[http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-08-11/da-olschki-maledetta-vita-giacomo-leopardi-113252.shtml?uuid=ACiiI4f]  riesce a rasserenarlo. Prova tanta gioia nel passeggiare per Toledo e Santa Lucia. " È d’accordo anche lei ?

Sì, sono pienamente d’accordo. E infatti nel mio libro sostengo apertamente questa idea del Leopardi a Napoli. Parlo di “un rapporto conflittuale fatto di attrazione e repulsione”, delle abitudini di vita più libere e incontrollate che egli assunse nella città partenopea, del rapporto fortemente dialettico con gli intellettuali napoletani, dei gravissimi problemi economici ed editoriali che egli incontrò, dei rapporti con il cibo. Ma parlo anche di Giacomo il flaneur. Insomma, e non poteva essere altrimenti, ho dedicato molte pagine, 339-420, al complesso rapporto che Giacomo instaurò con la mia città. Rapporto fatto di amore e odio, di simpatia e antipatia, di immedesimazione con il popolo e scontroso rifiuto del popolo. Una cosa è certa, però:  Leopardi a Napoli visse forse come lui voleva e godé di quella libertà che egli stesso riusciva a concedersi. Si trattava di comportamento che altrove non gli era, o forse non si era, consentito. Da questo punto di vista, penso che abbia ragione chi afferma che Napoli era una città leopardiana.


19.  La Biblioteca Nazionale di Napoli conserva una delle più ampie raccolte leopardiane, compreso il più importante fondo di manoscritti.  Alla luce soprattutto di questo dato, come giudica la decisione di istituire in città una cattedra di studi leopardiani ad indirizzo specifico  -“Ermeneutica leopardiana”-  , diversamente cioè dalla terminologia generica che indica le cattedre di studi leopardiani di Macerata, Birmingham e Buenos Aires ?    



L’istituzione della cattedra di “Ermeneutica leopardiana” presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli fu salutata da tutti come un doveroso omaggio a un grandissimo poeta che visse a Napoli gli ultimi quattro anni della sua vita. Quanto alla specificità della cattedra napoletana, essa consiste innanzitutto nella particolarità dell’insegnamento, in quanto il termine “ermeneutica” rinvia, logicamente, allo studio e all’analisi dei testi leopardiani; poi nel fatto che la cattedra ha valore curriculare con modulo semestrale; in terzo luogo nel fatto che è aperta agli studenti di altre università convenzionate con la SOB (Suor Orsola Benincasa); infine nel fatto che essa è aperta a tutti coloro che intendono, anche per solo interesse personale, approfondire alcune tematiche leopardiane. Questa specificità mi sembra renda degna di lode l’iniziativa.



20. A costo di generalizzare  (inevitabilmente) è possibile dire qualcosa sull’atteggiamento dei napoletani, oggi, nei confronti di Leopardi ? 

Per quanto riguarda la mia esperienza personale (parlo dei miei frequenti rapporti  e contatti con gli intellettuali napoletani), posso dire che il Leopardi è considerato a Napoli grandissimo poeta e grandissimo filosofo, come è giusto che sia. Delle polemiche degli anni 1833-1837 non esiste, ovviamente, neanche l’ombra. Si consideri anche il fatto che recentemente, oltre al mio libro, sono state pubblicate a Napoli diverse altre opere dedicate al Leopardi.


21.  Nel libro è dedicato un discreto spazio ad Antonio Ranieri, com’è giusto, perché fu la persona che si prese cura di Leopardi nell’ultima parte della sua vita. Tuttavia, non crede che proprio Ranieri, con le sue memorie sul periodo vissuto assieme a Giacomo, sia all’origine di una serie di malintesi e di equivoci su Leopardi stesso ?   E inoltre: ritiene che Ranieri sia stato veramente in grado di comprendere una personalità così geniale, complessa e contraddittoria come quella di Giacomo ?  In parte Lei ha già risposto, ma vogliamo approfondire l'argomento ?

Oltre alle cose dette in precedenze (v. risposta alla domanda 16), posso aggiungere che sì, le memorie del Ranieri, in particolare il suo famigerato Sodalizio, la Notizia e il Supplemento, hanno diffuso molte notizie non veritiere, alcune palesemente false e mendaci, altre giustamente dimostrate tali, cose che hanno creato non poca confusione intorno alla persona di Giacomo. Grazie a Dio, però, non hanno potuto scalfire in nulla il grandissimo valore della sua personalità intellettuale e poetica. Per quanto riguarda, invece, l’intelligenza del Ranieri e la sua capacità di comprendere la personalità del poeta recanatese, ritengo che non ne fosse capace: troppa distanza e differenza tra i due. Tuttavia non bisogna dimenticare che il mito Leopardi è nato specificamente dopo la sua morte e che durante la vita non fu apprezzato come meritava e addirittura ne fu sostanzialmente ignorata la morte. Troppo grande la personalità del Leopardi per essere compresa in un ambiente che non era alla sua altezza. Per quanto riguarda il Ranieri ritengo che soprattutto la sua personalità di scrittore meriti ulteriori studi e approfondimenti.


22.  Leopardi viene considerato un pessimista irriducibile;  eppure, come ha scritto De Sanctis, se una persona depressa lo legge, avverte la reazione opposta, sente in sé l’effetto catartico di una tragedia greca. Il lettore si libera dall’angoscia, si rigenera, si risolleva, si riaccosta alla vita con quella fiducia che prima gli mancava.  È d’accordo anche lei ? 

Il Leopardi aveva una concezione dichiaratamente pessimistica della vita e del mondo. Tuttavia il suo pessimismo derivava sostanzialmente dal tradimento che la vita operava nei confronti suoi e degli uomini. Si tenga presente che egli era innamorato della vita e avrebbe voluto viverla compiutamente alla ricerca di quella felicità impossibile che era negata a lui e agli altri. È questo il destino degli uomini decretato da una Natura crudele e beffarda. Quanto all’effetto che la lettura dei suoi versi poteva/potrebbe esercitare sugli altri, non parlerei tanto di liberazione dall’angoscia come una sorta di catarsi di aristotelica memoria, quanto di conforto, conforto che tutti ancora provano, lo stesso che provava la figlia del Manzoni, Matilde, quando si commuoveva durante la lettura dei suoi versi, o Adelaide Maestri Tommasini, l’unica donna che forse si innamorò veramente del poeta. Quanto al De Sanctis, mi permetto di affermare di non essere d’accordo con la sua prima proposizione: “ Leopardi non ama la vita…”.  Leopardi amava tanto la vita che la sua infelicità era il frutto, come ho detto prima, del tradimento che la vita perpetrava ai danni suoi e di tutti gli uomini.


23.  Leopardi e il fascismo.  In apparenza dovrebbe essere un autore poco amato dal regime, visto appunto il cliché di pessimista con cui viene comunemente dipinto. Nella realtà, il fascismo tributò a Leopardi onori che nulla hanno da invidiare a quelli odierni. Basti guardare questo video“Il Grande Italiano” è stato vittima di una strumentalizzazione politica, o il fascismo è riuscito davvero a capire la vera essenza del suo pensiero ?  Oltre al titanismo, di sfida nei confronti di una Natura ostile, cosa ha recepito il regime della filosofia leopardiana ?

In realtà vi fu uno scoperto e ingiustificabile tentativo di “fascistizzazione” di  Leopardi perché in effetti non si trattò di capire o meno il genio, la grandezza e l’originalità del  Leopardi, ma di appropriarsene quando ormai il suo nome cominciò davvero a brillare nel panorama della poesia e del pensiero europei. Allora tutti coloro che, per un motivo o per un altro, furono chiamati a tenere discorsi ufficiali su di lui, cercarono davvero di “fascistizzare” Leopardi in un modo di cui essi stessi, forse, nell’intimo della loro coscienza, non potevano non vergognarsi. Parlo di personaggi di grandissima cultura e serietà come Ettore Romagnoli, Giovanni Papini, che travisarono il Leopardi, il suo pensiero e financo la sostanza dei suoi Canti. Non si trattò dunque di capire, ma di presentare sotto una falsa luce il grande recanatese, e ciò fecero per servilismo verso il potere fascista. Dispiace davvero molto leggere le cose che dissero i due sopra ricordati, ma anche altri intellettuali, cose che qui non riporto per ragioni di spazio, ma che si possono leggere in Gianni Infusino, Zibaldone di sventure, Liguori, Napoli 1987, in particolare le pagine 82-88.


24.  Leopardi si attribuiva un’infinità di malattie, ma in realtà quelle su cui esiste una certa unanimità da parte degli studiosi sono la tubercolosi ossea e una psicosi maniaco-depressiva, che certo non è favorita dal clima chiuso e arretrato di Recanati.  Al riguardo, può riassumere le ‘diagnosi’ formulate dagli specialisti che lei ha consultato ?  E fino a che punto, secondo lei, il suo stato fisico precario ha influito sulla sua concezione del mondo ? Le sue malattie lo hanno condizionato negativamente  (come sosteneva Croce), oppure gli hanno permesso di arrivare a determinate verità prima di quanto in genere facciano le persone cosiddette normali  (come riteneva invece Timpanaro) ?  E fino a che punto Giacomo rifiutava l’idea che si potesse attribuire al suo stato fisico ciò che secondo lui aveva origine soltanto nel suo intelletto ?



Leopardi non “si attribuiva” malattie, ma era realmente affetto da molteplici mali e malanni. Qualche volta formulava diagnosi cervellotiche, altre volte intuiva la natura e la gravità dei suoi mali. Ma teniamoci lontano, molto lontano, dal rischio di ritenere o far passare Leopardi per un malato immaginario. Commetteremmo un errore gravissimo, lo stesso errore di cui il poeta incolpava i suoi genitori, in special modo la madre. Quanto ai suoi mali, il discorso sarebbe davvero molto lungo, e difatti essi rappresentano il motivo fondamentale per il quale ho svolto la mia ricerca e scritto il mio libro. In generale possiamo dire che, al di fuori di quanto affermato dallo stesso Leopardi nel suo Epistolario, e di quanto riportato dal suo amico Ranieri, non siamo in possesso di nessuna diagnosi medica. Ci resta solo una lettera del dott. Caramelli nella quale egli “descriveva” le condizioni reali dello stato di salute di Giacomo ma non forniva una vera e propria certificazione medica. E proprio sulla base delle cose dette direttamente dal poeta, e dal Ranieri, gli studiosi medici oggi hanno potuto intuire la vera sostanza delle malattie e fornire, in molti casi, la terapia che oggi si sarebbe adottata. Per non sottrarmi alla domanda che Lei mi pone, ecco alcune sue malattie riconosciute e analizzate dal punto di vista prettamente scientifico: la tubercolosi ossea, o spondilite tubercolare, il cosiddetto morbo di Pott, provocato dal bacillo di Koch, che aggrediva soprattutto le ossa e provocò nel Leopardi la doppia gobba; l’oftalmia, che è stata specificamente individuata come astigmatismo ipermetropico; i disturbi intestinali frequenti, che i medici hanno riconosciuti come flogosi intestinale; l’enfiagione alle gambe, inquadrabile, come sostiene il dott. Bianchini, come cedimento della resistenza cardiaca; la ftiriasi contratta, secondo il dott. Di Ferdinando, da rapporti con “veneri infestate”; i geloni, derivati, secondo il dott. Sterpellone, da ipotensione arteriosa e dalla conseguente scarsa irrorazione dei tessuti periferici; e soprattutto idropericardia toracica, il male che probabilmente lo portò alla morte. Queste sono le principali malattie riconosciute anche dagli specialisti, molte delle quali sono considerate guaribili, oggi, con semplici terapie, ma non ai tempi di Leopardi, cioè in epoca pre-antibiotica. Quanto alla seconda parte della sua domanda, sono d’accordo con Sebastiano Timpanaro, come affermo anche a pag. 132 del mio libro. In particolare, ritengo anch’io che le malattie acuirono nel Leopardi la sensibilità che lo portò ad indagare in modo profondo e costante sui condizionamenti negativi che la Natura esercita nella vita dell’uomo. Ma non determinarono affatto il suo pessimismo che aveva un respiro molto più ampio che la considerazione del solo io. La verità è nelle parole che lo stesso Giacomo, quando venne a sapere che si attribuiva alle sue malattie la sua filosofia negativa, scrisse al De Sinner il 24 maggio 1832: «Prima di morire, voglio protestare contro questa diceria della debolezza e della volgarità, e pregare i miei lettori di dedicarsi a distruggere le mie osservazioni e i miei ragionamenti piuttosto che accusare le mie malattie». E tuttavia le sue malattie esercitarono una grave azione di disturbo sulle sua attività letteraria: spesso gli impedivano perfino di leggere e scrivere per lunghi periodi.



25. No, certo, non ho mai pensato che Leopardi fosse un malato immaginario. Mi riferivo appunto alla vera natura delle sue patologie. Ma passiamo ad altro. 
In base alla sua pluridecennale esperienza di docente  di Italiano, ritiene che nelle nostre scuole superiori Leopardi sia presentato in modo adeguato, tale comunque da coniugare il rispetto della sua poetica con l’interesse degli allievi ?   È ragionevole, soprattutto, osservare che nei programmi si riservi uno spazio eccessivo alla produzione poetica di Giacomo, trascurando un po’ i testi in prosa, a partire dalle  Operette morali e dalle lettere, che rappresentano due delle chiavi più complete  (se non le più complete)  per accostarsi al suo pensiero  e alla sua vita ?  I suoi studenti, in genere, quale Leopardi preferivano, quello delle liriche o quello che si esprime in prosa ?

Rispondo con grande sincerità: tutto dipende dall’insegnante. Al di là dei programmi e delle direttive ministeriali, c’è l’insegnante con la sua cultura, la sua sensibilità, la sua autonomia, le sue scelte. È vero, comunque, che in genere si studia più il poeta che il prosatore. Io supportavo le lezioni teoriche con la lettura di determinati brani, anche se pure i miei studenti manifestavano maggiore simpatia per i Canti: il fascino dei versi leopardiani li conquistava.


26.  Quali sono le parti del libro che ritiene più adatte per essere affrontate a scuola ?

In ogni parte del libro sono contenuti argomenti che riguardano fondamentalmente riflessioni e convinzioni filosofiche e il rapporto con gli intellettuali, lo studio dei quali può aiutare gli studenti a conoscere meglio la personalità del Leopardi. Alcuni esempi: la sofferenza dell’intelletto e del cuore (pp. 42-45); i motivi del disperato tentativo della fuga e del suo fallimento (pp. 58-70);  Leopardi e il suicidio (pp. 81-92); i tormenti di Giacomo a Recanati (pp. 126-129); il rapporto ambivalente di Giacomo con gli intellettuali fiorentini (pp. 189-191; 230-236); i problemi psicologici ed esistenziali di Leopardi nel suo ultimo soggiorno recanatese (pp. 237-244); Leopardi e Napoli: un rapporto conflittuale fatto di attrazione e di repulsione (pp. 339-352); Leopardi e gli intellettuali napoletani (pp. 393-397). E poi: il capitolo “Giacomo: un intellettuale che viaggia nel tempo” (pp. 421-426).


27.  Lei è autore di manuali scolastici, tra i quali vorrei ricordare almeno l’antologia di classici latini e la storia della letteratura latina. Alla luce della sua esperienza, come giudica le scelte di Leopardi per la realizzazione dell’impresa affidatagli dall’editore Stella ?

La proposta dell’editore milanese Stella contemplava la traduzione di tutte le opere di Cicerone. Leopardi doveva dirigere l’intera collana e tradurre personalmente alcune opere. Egli commise un grave errore nell’accettare questo incarico per tre motivi: perché non si sentiva in grado di affrontare contrattazioni e, magari, di opporre rifiuti a certe insistenze; perché a Milano ci stava “di malissima voglia”; perché quel lavoro che aveva accettato pur di andar via da Recanati in effetti comportava “studi che abbomino”. Infatti è noto che Giacomo, stando alle sue stesse dichiarazioni e confessioni, trovava piacevole e agevole tradurre dal greco, ma fastidioso e faticoso tradurre dal latino. Immaginarsi, quindi, come poteva assoggettarsi a una fatica enorme verso la quale manifestava avversione o antipatia.


28.  Secondo Lei, esiste qualche aspetto, della vita di Leopardi, che non è stato ancora indagato a fondo ?

Leopardi è il poeta e filosofo dell’Italia moderna e contemporanea più studiato al mondo. Riesce difficile individuare aspetti della sua vita ancora inesplorati o “non ancora indagati a fondo”. Ma è normale che, anche su aspetti esplorati e indagati a fondo, sia lecito continuare a scavare. Come certamente avverrà. Se poi si considera la grandiosità dello Zibaldone, che è una miniera non ancora del tutto esplorata, o forse ancora poco esplorata, allora si può ritenere che lo studio di esso possa provocare altri interessanti studi su Giacomo.


29.  Posso chiederle un giudizio sul film  “Il giovane favoloso” ?   E inoltre: non trova curioso che l’A. più importante, assieme a Manzoni, della nostra letteratura della prima metà dell’Ottocento (a voler essere riduttivi) non abbia avuto altre trasposizioni cinematografiche  (a parte dei tentativi condotti dalla RAI qualche anno fa) ?



Il film di Mario Martone l’ho giudicato magico, poetico, ricco di fascino. Chi l’ha criticato, a mio avviso, non ha tenuto conto del fatto che trasferire Leopardi, un poeta, sullo schermo era un’operazione a priori estremamente difficile e rischiosa; non ha saputo apprezzare il coraggio del regista nell’affrontare una tematica difficilmente trasportabile sullo schermo; non vuole o non sa riconoscere a un artista come Mario Martone la libertà di cui deve godere l’artista che si appresta a trattare una tematica già assai conosciuta. Martone aveva il diritto/dovere di fare un’opera “sua”, opera che risulta anche splendida da ogni punto di vista. Quanto al fatto che un autore come Leopardi, e anche Manzoni, “non abbia avuto altre trasposizioni cinematografiche”, il tutto dipende dalla vita stessa del poeta, non ricca di colpi di scena  e di azioni “esterne”. Leopardi era un uomo molto “interiore” e quindi poco “cinematografico”, se così si può dire.



30. Dopo quasi 180 anni dalla sua scomparsa, Leopardi continua a sollecitare ancora oggi un’incessante, intensa e qualificata produzione saggistica.  Più o meno contemporaneamente al suo libro, sono apparsi nelle librerie la ristampa anastatica de La teoria leopardiana della lingua, di Francesco Colagrosso (1909), Io sono quella che tu fuggi, di Gaspare Polizzi  e  La Bibbia di Leopardi, di Laura Novati. E sono soltanto alcuni dei titoli  di quest’anno.  Per non parlare poi delle infinite versioni delle sue opere e della manualistica scolastica. D’altronde, anche sul piano delle vendite le opere di Leopardi guidano la classifica, se sono vere le statistiche che lo vedono al vertice: Giacomo è l’autore classico italiano che può vantare più vendite rispetto ad ogni altro classico.  Potrei chiederle un commento su questi dati ?  Sono o non sono una conferma della sua universalità, del suo essere, ormai, un’icona a livello planetario  ?

Confermo pienamente quanto da Lei detto, anche sui dati relativi alle vendite. Leopardi è un intellettuale modernissimo che può parlare, come in effetti parla, agli uomini di oggi. A questo proposito voglio aggiungere che lo Zibaldone, una miniera inesauribile di cultura e di filosofia cui può attingere ogni studioso leopardiano, è anch’esso segno evidente della sua “universalità”.


31. A conferma della popolarità di Leopardi  (verosimilmente anche tra un pubblico di non specialisti), anche Twitter dedica al Recanatese profili ed hastag, per  esempio @Leopardi_24   ;  #Zibaldone20 .

Sul web Leopardi è il poeta più gettonato. Ciò risulta anche dai tanti “Gruppi amici di  Leopardi”.


32.  Riuscire a pubblicare, per due volte, con una casa editrice così illustre come Olschki è un traguardo a cui molti studiosi aspirano. Posso chiederle com’è nata l’idea di rivolgersi, sin dal primo volume, a questo editore ? Per il fatto che la Olschki ha pubblicato i volumi della "Bibliografia leopardiana" ?

Quando completai il mio primo lavoro (Giacomo  Leopardi: le donne, gli amori) conoscevo il prestigio, l’autorità, la serietà della Casa Editrice Olschki, e ne conoscevo benissimo anche l’impegno nella pubblicazione della “Bibliografia Leopardiana”, degli “Atti” di tantissimi convegni di studi sulla figura del poeta, ecc. Pensai che il mio libro, che trattava un argomento particolare, potesse interessare ad una Casa Editrice attenta alle tematiche leopardiane. E così fu. Insomma tutto normale: inviai il libro alla Casa Editrice, e il libro fu accolto. Di tanto ancora ringrazio il dott. Daniele Olschki e i suoi collaboratori anche per la prestigiosa veste editoriale che sono riusciti a dare ai miei due libri.
Mi consente, prof. Lalomia, una considerazione finale su questo nostro incontro? Alla fine     di questa intervista, sento il bisogno  non solo di ringraziare Lei per avermela richiesta, ma anche, e soprattutto, per la qualità, la profondità e l’articolazione delle domande a me sottoposte.    

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N.B.
L'anteprima dell'intervista è apparsa il 30-10-15 su "Orizzonte Scuola".

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Raffaele Urraro

Nota bio-bibliografica



Raffaele Urraro è nato il 1940 a San Giuseppe Vesuviano dove tuttora vive e opera. Dopo aver insegnato italiano e latino nei Licei, ora si dedica esclusivamente al lavoro letterario. Giornalista pubblicista, collabora come redattore alla rivista di letteratura e arte «Secondo Tempo» diretta da Alessandro Carandente. Suoi interventi critici, con saggi e recensioni, sono presenti anche su altre riviste, come «La Clessidra», «L’Immaginazione», «Capoverso», «Sìlarus».
Ha pubblicato le seguenti opere:


Poesia:


Orizzonti di carta, San Giuseppe Vesuviano 1980, poi Marcus Edizioni, Napoli 2008;
La parola e la morte, Loffredo, Napoli 1983;
Calcomania, Postfazione di Raffaele Perrotta, Loffredo, Napoli 1988;
Il destino della Gorgonia – Poesie e prose, Loffredo, Napoli 1992;
Anche di un filo d’erba io conosco il suono, prefazione di Ciro Vitello, Loffredo, Napoli 1995;
La luna al guinzaglio, con Saggio critico di Angelo Calabrese, Loffredo, Napoli 2001;
Acroàmata – Poemetti, Loffredo, Napoli 2003;
Poesie, Marcus Edizioni, Napoli 2009;
Ero il ragazzo scalzo nel cortile, Marcus Edizioni, Napoli 2011.
La parola incolpevole, Marcus Edizioni, Napoli 2014.

Saggistica:

Poiein – Il fare poetico: teoria e analisi, Tempi Moderni, Napoli 1985;
Giacomo Leopardi: le donne, gli amori, Olschki editore, Firenze 2008;
La fabbrica della parola – Studi di poetologia, Manni Editore, San Cesario di Lecce 2011;
“Questa maledetta vita” – Il “romanzo autobiografico” di Giacomo Leopardi (Olschki editore, Firenze 2015),
Le forme della poesia – Saggi critici (La Vita Felice, Milano 2015).   

Cultura popolare:

‘A Vecchia ‘Ncielo – Proverbi e modi di dire dell’area vesuviana, 2 tomi, Loffredo, Napoli 2002;
‘A ‘Mberta – Canti e tradizioni popolari dell’area vesuviana, 2 tomi, Marcus Edizioni, Napoli 2006:

Studi latini:

Ha pubblicato, in collaborazione con Giuseppe Casillo, molte antologie di Classici Latini per il triennio delle Scuole Superiori, edite dall’Editore Loffredo di Napoli, e una Storia della Letteratura Latina, in 3 volumi, edita dall’Editore Bulgarini di Firenze.


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Questa maledetta vita

Recensioni

Area riservata a Urraro sul sito della Casa Editrice Olschki.



Guido Caserza,  Leopardi, vita maledetta di un giovane favoloso, «Il Mattino», 30.05.2015

Paolo Montanari, Recensione di “Questa maledetta vita”, «CAMI 74 COM – Pesaro notizie», 17.06.2015.

Pasquale Gerardo Santella, “Questa maledetta vita” di Giacomo  Leopardi, «Il Pappagallo», quindicinale, n. 334 di luglio 2015

Armando Torno, Da Olschki la maledetta vita di Giacomo  Leopardi, «Il Sole 24 Ore», 11.08.2015.


Roberto Carnero,  Leopardi, romanzo autobiografico tra poesia e filosofia, «Avvenire», 01.09.2015.

Guido Caserza, Questa maledetta vita: l’autobiografia che Giacomo Leopardi non scrisse mai, «L’UNIONE SARDA», 21.09.2015.

Antonio Filippetti, L’autobiografia che Leopardi non scrisse mai, «La Repubblica - Napoli», 03.10.2015.

Antonio Filippetti, Questa maledetta vita, «ARTE & CARTE on line», www.arteecarte.it/primo/articolo_new.php?=2080, 03.10.2015.
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Ulteriore documentazione su Urraro e Leopardi


Intervista a Raffaele Urraro, "Fare poesia", 21-06-11.
  

Playlist su Urraro  [https://www.youtube.com/watch?v=wMU7j2Frcww&list=PLLD5zgXn4rwaWYLXtMcWzWj4x1ZpwQYSP]  creata all'interno del canale youtube di "Scuola e università" .     

Tutti i libri di Raffaele Urraro si trovano nelle librerie e si possono acquistare attraverso i maggiori portali di vendita on line  (per esempio : Ibs , e Amazon) .   

Pagina Facebook di Urraro  [https://www.facebook.com/raffaele.urraro.1?fref=nf].

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Breve bibliografia su Giacomo Leopardi. 

Playlist su Giacomo Leopardi creata all'interno del canale youtube  "Scuola e università":
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