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sabato 3 settembre 2016

Settembre 1666: Londra brucia.


Nelle prime ore del 2 settembre del 1666 – 350 anni fa, oggi – iniziò il Grande incendio di Londra: durò fino al 5 settembre e distrusse circa 13mila case, lasciando almeno 65mila sfollati. Si calcola che solo un quinto della parte di Londra dentro alle mura medievali non fu toccato dall’incendio e furono quindi distrutti anche la maggior parte dei più importanti edifici della Londra di quegli anni, compresa la vecchia Saint Paul’s Cathedral. Secondo i resoconti del tempo i morti non furono più di 20, ma oggi si pensa che furono molti di più: era impossibile capire chi vivesse dove e si pensa anche che molti corpi furono praticamente cremati dalle fiamme, che in certi casi superarono i mille gradi centigradi.Il Grande incendio del 1666 arrivò poco dopo che a Londra c’era stata una grande epidemia di peste: a quel punto il peggio era passato, ma la peste continuava a essere un grosso problema soprattutto nelle aree più povere della città. Nel 1666 c’erano quindi molte case vuote – perché i proprietari erano morti o erano andati in campagna per provare a evitare la peste – e la cosa favorì la diffusione delle fiamme, che si svilupparono in fretta anche grazie al fatto che quell’estate fu particolarmente calda. Tanti altri londinesi fuggirono invece subito attraverso il Tamigi: restarono quindi poche persone per spegnere l’incendio, che divenne così grande così in fretta anche perché nelle prime ore fu sottovalutato. Molte fonti scrivono che nelle prime ore dell’incendio – prima ancora dell’alba del 2 settembre – qualcuno andò a svegliare Thomas Bloodworth, che al tempo era sindaco di Londra, e lui disse: «Una donna potrebbe spegnerlo pisciando».Non è nemmeno sicuro come iniziò l’incendio, ma si sa che partì da Pudding Lane – a nord del Tamigi, vicino al London Bridge – e da lì si propagò soprattutto verso ovest. È probabile che iniziò perché un fornaio piuttosto benestante – Thomas Farriner (ma il cognome si trova scritto anche in altri modi) – andò a letto lasciando acceso il suo forno. Si pensa che il fuoco attecchì sulla legna lì vicino arrivando poi alla casa di Farriner e a quelle circostanti. Lui e la sua famiglia riuscirono a scappare e morì solo la domestica: Farriner disse per tutta la vita di non avere colpe, accusando invece la domestica.

Si pensa che Bloodworth ebbe gravi responsabilità anche nel modo in cui gestì l’incendio, una volta che si capì che non bastava una donna per spegnerlo. Al tempo il modo più semplice per evitare che un incendio cittadino si allargasse era creare delle specie di strisce taglia-fuoco, demolendo anche intere vie prima che le fiamme ci arrivassero. L’opinione generale è però che Bloodworth non volle farlo: perché preoccupato dai costi della ricostruzione e per via delle probabili pressioni di chi possedeva i terreni le cui case sarebbero state demolite. Il fuoco così si espanse e arrivò fino quasi a Westminster e rischiò anche di arrivare a sud del Tamigi. Al tempo sul London Bridge c’erano infatti persone, case e cose: quindi anche paglia e fieno, che avrebbero potuto portare l’incendio al di là del Tamigi.

Ancora prima che l’incendio finisse – un po’ perché lo si spense, un po’ perché era rimasto ben poco da bruciare – a Londra e in Inghilterra iniziarono a circolare voci secondo le quali a farlo iniziare erano stati nemici stranieri. A quel tempo il Regno d’Inghilterra – il cui re era Carlo II Stuart – era infatti in guerra con i Paesi Bassi e non in buoni rapporti con la Francia. Ci furono voci, accuse e anche condanne a morte di improbabili spie che fecero improbabili confessioni, ma si ritiene che furono tutte cose infondate.

Dopo l’incendio si pensò addirittura di spostare Londra ad alcuni chilometri di distanza: gran parte delle fondamenta degli edifici distrutti erano però ancora intatte e si decise quindi di ricostruire le case praticamente nello stesso punto in cui avevano preso fuoco, cercando però di fare attenzione alla paglia, al legno e alla troppa vicinanza tra le case (tutte cose che favoriscono la diffusione delle fiamme). Ci fu anche chi propose di sfruttare l’occasione per trasformare Londra, creando una città diversa, con grandi viali e con vie d’acqua: non lo si fece e secondo il Financial Times in quella decisione ci sono le origini di molti dei problemi urbanistici che Londra ha ancora oggi. La principale nuova costruzione successiva all’incendio fu una colonna dorica – i londinesi la chiamano The Monument – all’incendio. C’è ancora oggi ed è alta poco più di 60 metri: una distanza uguale a quella tra il monumento e il punto di Pudding Lane in cui si pensa iniziò il Grande incendio di Londra.
Per ricordare l’incendio a Londra sono stati organizzati molti eventi: il più importante sarà il 4 settembre, quando verrà bruciata una riproduzione – lunga più di 120 metri – della Londra del 1666. La riproduzione è stata realizzata su una piattaforma nel Tamigi, tra il Blackfriars Bridge e il Waterloo Bridge.